Plastica nel pesce e nei prodotti agricoli: quanta ne mangiamo?

Plastica nel pesce e nei prodotti agricoli: quanta ne mangiamo?

Allarme dal mondo della Ricerca. Ogni settimana ingeriamo 5 g di plastica, l’equivalente di una carta di credito

Tra i nostri mari, il dato più allarmante riguarda il Tirreno, sul cui fondo si trova la più alta concentrazione di microplastiche, equivalente a 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato.

Se fino a questo momento sapevamo che nei mari italiani ci sono circa 129 mila frammenti di plastica galleggiante per chilometro quadrato, ora grazie a un rapporto presentato dal WWF e dall’Istituto AWI, abbiamo anche il dato dei frammenti di microplastiche che si trovano sul fondo marino.

Il mar Mediterraneo è uno dei più inquinati al mondo

Ingerite con il pesce e con i prodotti agricoli, le microplastiche sono ormai anche nel nostro sangue e nella placenta: il che vuol dire che ogni bambino prima ancora di nascere ha delle microplastiche in corpo, La denuncia è stata pronunciata da Silvestro Greco, vicepresidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn, nel corso del Forum Internazionale Polieco sull’Economia dei rifiuti.

«Secondo uno studio dell’Università di Cagliari, in ogni gambero rosso e scampo ci sono circa 47 frammenti di plastica di vario tipo» ha aggiunto Greco.

Ogni anno nel Mediterraneo è come se venissero scaricati 700 container di plastica. Il primo Paese che contribuisce è l’Egitto, col 32 %, poi l’Italia col 15% segue la Turchia col 10%.

«Il tema non è salvare la Terra, perché vivrà benissimo senza di noi: il tema è la sopravvivenza della nostra specie visto che ogni settimana mangiamo 5 grammi di plastica, l’equivalente di una carta di credito. Tutto questo ha un diretto rapporto col nostro modello di sviluppo» riflette Greco.

Plastica nei suoli destinati all’agricoltura intensiva

La presenza nell’ambiente di microscopiche particelle di plastica, è stata recentemente rilevata in qualsiasi compartimento ambientale. Lo conferma Claudia Campanale, ricercatrice del Cnr Irsa, secondo la quale «Le micro e nanoplastiche inquinanti sono presenti in particolare nei suoli destinati all’agricoltura intensiva dove spesso viene utilizzata la pratica della pacciamatura, ossia il posizionamento di teli per aumentare la resa agricola ma la ricerca sulle microplastiche nell’ambiente terrestre è attualmente in una fase ancora embrionale».

Anche la bioplastica, che pur aiuta a ridurre le emissioni di CO2, non è esente da criticità sotto questo punto di vista: «La maggior parte delle indagini effettuate – continua la ricercatrice – ha coinvolto plastiche convenzionali derivanti da combustibili fossili, mentre studi sulla presenza di microplastiche “bio-based” nell’ambiente terrestre e dell’assorbimento di sostanze chimiche su microplastiche di origine biologica, sono quasi totalmente assenti».

Con l’obiettivo di avere un quadro più preciso sulle conseguenze della dispersione di plastiche biologiche nell’ambiente, Polieco e Cnr Irsa effettueranno uno studio degli impatti negativi, in particolare sul suolo e negli ambienti acquatici, della bioplastica per uso agricolo.

Da rivistanatura.com

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